Bentornati nella quinta e ultima tappa del nostro viaggio nel Made in Italy in Musica! Questa volta ci catapultiamo nella contemporaneità, per parlare di due artisti italiani molto famosi, ma molto diversi tra loro. A dirla tutta, l’argomento di questo post è stato la causa scatenante del progetto con Martina, l’idea dalla quale è sgorgato il fiume di parole che vi ha accompagnato fin qui. Avete indovinato di chi si tratta? Ma certo, sono Luciano Ligabue e Vinicio Capossela!
Scorgo lo stupore nei vostri occhi: ma che c’azzeccano l’uno con l’altro? Praticamente nulla, e per questo li trovo emblematici per spiegare due modi molto distanti – e tuttavia vincenti – di interpretare la musica italiana oggi. A dir la verità, qualcosa in comune ce l’hanno: sono entrambi di origine emiliana – Luciano da Correggio, Vinicio da Scandiano – entrambi nati negli anni ’60 ed entrambi esordienti discograficamente tra la fine degli ’80 e l’inizio dei ’90. Potrei anche raccontarvi di quando, ventenni, si facevano le ossa nelle sagre di paese e di come tutti scommettessero sul talento del secondo, e quasi nessuno su quello del primo…
Luciano Ligabue – per tutti il Liga – è uno degli artisti pop-rock italiani più famosi e amati in Italia. La sua musica entra in classifica, riempie gli spazi radiofonici e gli stadi. La sua musica non è italiana, nel senso che quello che ascoltiamo ricalca fedelmente i codici e le forme stilistiche del rock anglo-americano, così come siamo abituati ad ascoltarlo dagli anni ‘50-’60 in poi. Tuttavia, il Liga è l’espressione del Made in Italy per eccellenza: un Made in Italy globalizzato, massmediatico, con una capacità di comunicazione immediata e totalizzante. Esattamente come Vasco Rossi (per citare il primo grande rocker italiano), Ligabue rappresenta quel Made in Italy che è riuscito a reinterpretare in chiave locale (appunto, italiana) elementi della cultura globale (il rock, la cultura pop americana). A fine anno il Liga pubblicherà un nuovo album intitolato proprio Made in Italy e, in occasione dell’uscita del primo singolo, ha annunciato: È una dichiarazione d’amore ‘frustrato’ verso il mio Paese raccontata attraverso la storia di un personaggio. Si tratta di un vero e proprio concept album (il mio primo), ma è comunque composto di canzoni. Canzoni che godono di una vita propria ma che in quel contesto, tutte insieme, raccontano la storia di un antieroe.
Dalla parte diametralmente opposta si collocano le Canzoni della Cupa di Vinicio Capossela, cantautore di nicchia, ma con un pubblico molto affezionato e motivato. Nella sua carriera Capossela ha attraversato musicalmente moltissimi generi musicali – jazz, bossa nova, rock, musica balcanica… – fino ad approdare, con l’album uscito quest’anno, alla musica folk e alla world music. Il suo ritorno alle origini è un chiaro tributo al folk revival italiano, in cui gli elementi musicali folk delle terre d’origine dei suoi genitori – Irpinia e Lucania – si mescolano a una lingua nuova, compromesso tra dialetto e italiano. Nello stesso tempo, in alcune canzoni si sentono i mariachi messicani, la musica tex mex di confine americana: l’orizzonte quindi si allarga e coinvolge altre culture folk, in un abbraccio ideale che si espande ben oltre i confini dello stivale.
Nel romanzo Il paese dei coppoloni Capossela racchiude il senso profondo di questo suo lavoro in una citazione emblematica dell’antropologo Ernesto De Martino : Coloro che non hanno radici, che sono cosmopoliti, si avviano alla morte della passione e dell’umano: per non essere provinciali occorre possedere un villaggio vivente nella memoria, a cui l’immagine e il cuore tornano sempre di nuovo, e che l’opera di scienza o di poesia riplasma in voce universale.
(A proposito di De Martino, questo è il suo famoso libro sul tarantismo).
E con questi due omaggi musicali all’italianità, siamo arrivati al termine del nostro breve viaggio nel Made in Italy in musica. Lo ammetto, è stata una gita un po’ strampalata: fra i tanti voli pindarici per cercare di spiegare l’essenziale, molto resterebbe ancora da raccontare – senza considerare il numero infinito di artisti che non sono stati nemmeno citati, ahimé!
Vi lascio quindi con la speranza di riuscire, un giorno non troppo lontano, a riprendere le fila del nostro discorso per approfondimenti e curiosità.
Viva la musica e viva il Made in Italy!
Vanna Lovato è laureata in Lettere moderne, indirizzo musicologico. Dal 2002 si occupa di critica e giornalismo musicale: ha scritto e scrive per Jam, Jam-Rockfiles e NonSoloCinema, Il Giornale della Musicacon una predilezione per la canzone d’autore italiana e world music/etnica. Dal 2005 è pubblicista, traduttrice e consulente musicale per Vallardi, Salani e Rizzoli. Nel 2007 esce il suo primo libro Franco Battiato 1965-2007. L’interminabile cammino del Musikante (Editori Riuniti, 2007) e, nel 2008 il manuale Come leggere la musica (Vallardi Editore).
Il 12-13 ottobre terrà un seminario dedicato a Vinicio Capossela all’interno delle Giornate di Studio “La musica tradizionale in Basilicata: prospettive e ricerche” presso il Conservatorio di musica Carlo Gesualdo da Venosa (PO).
Chi volesse approfondire www.conservatoriopotenza.it.
Leggi anche: Made in Italy in musica di Vanna Lovato – 1° tappa| Made in Italy in musica di Vanna Lovato – 2° tappa | Made in Italy in musica di Vanno Lovato – 3° tappa | Made in Italy in musica di Vanno Lovato – 4° tappa
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